IL BLOG PERSONALE DI PAOLO LUBRANO
Il Libro rilegato quale "oggetto di arredamento"
Il libro suppellettile quale oggetto d'arredamento interno ritengo di poter ben dire sia stata una moda in voga nella seconda metà del 1900.
Dunque il “libro suppellettile” che fa bella mostra di sé nello scaffale del salotto buono di casa.
Nel periodo successivo alla seconda guerra, il libro iniziò a essere considerato come un “oggetto di arredamento” che dava lustro e prestigio al padrone di casa e alla sua famiglia: un complemento a testimonianza di un livello culturale spesso arbitrariamente auto-attribuito dalla massa.
Il “libro suppellettile” generò tra la fine della prima e gli inizi della seconda metà del millenovecento il successo di tante “collane” pubblicate in serie da alcuni editori i cui volumi ben rilegati con copertina rigida sono finiti in case dove neanche si leggeva il giornale: il libro serviva solo per riempire gli scaffali.
È stata per alcuni “editori di battaglia” una occasione per vendere l’invendibile.
Un sistema che anche molti editori di quotidiani hanno abbracciato con favore: la scusa era di far leggere il giornale puntando sul fatto che con qualche centinaio... poi successivamente migliaio di lire avrebbe potuto “arricchire” la propria biblioteca di volumi di prestigio, importanza e fama.
Una maniera per incrementare la lettura dei giornali e dei libri!
Un modo per liberare i magazzini pieni di merce invenduta e tornata indietro, in verità!
Forse non era ancora il periodo delle sovvenzioni di stato ai quotidiani.
Le case si sono riempite di classici latini e greci con testo a fronte!, classici della filosofia e della psicologia e tanti altri volumi che ad altro non sono serviti se non a voler dar l’idea di trovarsi a contatto con persone di cultura diversificata.
Importante era che avessero tutti la copertina della stessa misura e dello stesso colore.
Quale che poteva essere il contenuto non aveva alcuna importanza.
Molti di quei volumi sono in vendita ancora oggi a pochi euro sulle bancarelle di Via Costantinopoli e di Via Port’Alba a Napoli. Tra i volumi vecchi e non certamente “antichi”.
Quelle furono le case in cui iniziarono a far bella mostra di loro anche le enciclopedie, il cui costo era spesso e volentieri indirettamente proporzionale al valore scientifico del loro contenuto.
Erano i tempi in cui i ragazzi tornavano da scuola quasi in lacrime perchè "l'insegnante ci ha assegnato una ricerca su...!" Di internet non si conosceva neanche la parola, Wikipedia non compariva nelle fantasie neanche delle più fervide immaginazioni.
Iniziarono la loro fortuna i vendotori di enciclopedie che riuscivano a riempire scaffali di librerie casalinghe con tanti bei volumi rilegati, pagati a piccole rate mensili, che davano all'acquirente la soddisfazione di far fare bella figura al figlio. Intanto in chi veniva a casa procurava un qualche piccolo pizzico di invidia.
Personalmente ho sempre pensato che "l'insegnante da ricerca" non fosse del tutto "estraneo" a questa cosa.
Poi le “librerie casalinghe” caddero in disuso lasciando lo spazio a televisori in megapollici incastrati negli spazi una volta destinati agli scaffali dei libri del “mobile buono del soggiorno”, impianti stereo con casse acustiche da balera in bella mostra e sfilze di CD e DVD da esporre.
Alcuni sono passati dall’allegare al quotidiani il CD/DVD piuttosto che i libri.
Tanto basta che si vende, che poi si legga effettivamente non importa.
Oggi di libri si parla poco dappertutto. Anzi “troppo” e spesso senza ragione.
C’è chi una volta letto quello che tecnicamente in linguaggio anglosassone è definito un “istant book” lo getta via non valendo la pena fargli occupare dello spazio buono per altro.
Ma il futuro non è roseo neanche per i “long sellers”.
Chi eredita una libreria di famiglia oggi riceve un fastidio del quale non vede l’ora di liberarsi.
Spesso è vero che si tratta di libri di poco o nessun valore, libri vecchi o scientificamente superati.
Conservati con cura e amore dal proprietario ma che non sono mai entrati nella mente e nel cuore dell’“erede”.
D’altronde è la storia che si ripete a vedere i tanti vari cataloghi di Luigi Lubrano predisposti per “Vendite all’asta per motivi ereditari”.
Vedi a esempio “Il catalogo della biblioteca teatrale di Ettore Petrolini” o anche “Il Catalogo della biblioteca della Contessa Beatrice Elia Benini”; oppure anche altri esempi “Libri di arte e musica provenienti dalla biblioteca di un noto bibliofilo napoletano...... [Benedetto] Maglione” o il “Catalogo della biblioteca Starrabba iniziata dal defunto barone Raffaele Starrabba (1834-1906) Anno 1934”
Si trattava in verità di “librerie” private comunque ricche di volumi di pregio e di valore storico, raccolti nel corso di una vita o a loro volta ereditati da un avo.
D’altronde i cataloghi di Luigi Lubrano hanno la loro motivazione d’essere nata da chi ha inteso dismettere materiali ingombranti e inutili di cui non avevano bisogno non comprendendone il valore intrinseco.
Vero è che oggi si pubblica troppo e molti sono i manoscritti che dovrebbero restare chiusi nei cassetti, ma tant’è. Personalmente considero quello italiano un popolo di “piloti, cantanti, pittori, scrittori e poeti”.
A leggere tra i vari blog e social gli aspiranti scrittori sono davvero tanti, e molti di essi sono del tutto ingiustificabili. Trovo anche discussioni proposte da chi lamenta scarsi interessi da parte degli editori a pubblicare nuovi autori e financo lamentazione per proposte economiche giudicate poco allettanti.
Ora per quanto io ne contesti la sua ideologia, un dato di fatto è che la versione elettronica del libro e la possibilità di “auto-pubblicarsi” un manoscritto per poi venderselo direttamente per proprio conto può essere una possibilità per dar spazio al proprio autoreferenzialismo.
Mi viene da dire: ma se pensi di aver creato il capolavoro letterario del secondo millennio, fai tutto da solo. In questo modo potrai scoprire se si un futuro premio Strega o un visionario.
Alla fine quando un editore ti contatterà avrai una base solida sulla quale trattare.
Molti di questi avventurieri della tastiera non sanno che chiunque abbia avuto successo o è stato fortunato, e spesso è proprio vero che la fortuna si “aiuta” con la conoscenza, l’amicizia, la parentela, oppure ha pagato all’editore che si è dichiarato disponibile un costo per spese di stampa pari a un determinato numero di copie prefissate, dovendo poi provvedere a distribuirsi da solo in giro l’opera prodotta.
In sostanza: nessun rischio per l’editore, guadagno per l’autore solo in caso di vendita considerando la necessità di recuperare quanto anticipato.
Tutto il resto, se ne viene fuori, sarà il famoso “grasso che cola”.
Fonte immagini: Internet - Google immagini